L’Avvenire dei lavoratori     
25 novembre 2021 – e-Settimanale della più antica testata della sinistra italiana Organo della F.S.I.S., Centro socialista italiano all’estero, fondato nel 1894 / Direttore: Andrea Ermano Redazione e amministrazione presso la Società Cooperativa Italiana – Casella 8222 – CH 8036 Zurigo   GDPR – GENERAL DATA PROTECTION REGULATION – DAL 25.5.2018 VIGE IL REGOLAMENTO EUROPEO N. 679/2016.  I dati personali di nostre/i utenti si riducono al mero in­di­riz­zo e-mail, conservato nella lista di spedizione senza ulteriori conno­ta­zio­ni e senz’alcuna possibilità di scambio o ces­sione verso terzi. Tutti i dati vengono conservati in ot­tem­pe­ran­za alla GDPR e utilizzati esclu­siva­mente per l’in­vio di comunicazioni ADL sulla politica, l’econo­mia e la cultura italiana e internazionale. Chi desideri continuare a ricevere L’ADL non deve fare nulla: in tal modo ci autorizza a proseguire le trasmissioni della nostra Newsletter all’indirizzo e-mail attuale. Chi non lo desideri è pregata/o di utilizzare il sevizio UNSUBSCRIBE (v. qui sotto).   UNSUBSCRIBE? > Per disdire rispediscici QUESTA Newsletter a > unsubscribe_adl@vtxmail.ch CONFERMA l’iscrizione, se non l’hai già fatto, inviando “includimi” a > red_adl@vtxmail.ch AVVERTENZA: PER “LAVORI IN CORSO” IL SITO WEB NON È AL MOMENTO DISPONIBILE  
  25 NOVEMBRE, GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE       Ti amo ma non ti voglio bene   Una Lectio magistralis di Luciana Castellina, è l’iniziativa che la Filt Cgil ha scelto di organizzare per ricordare il 25 novembre. L’idea è quella di provare a condividere con gli uomini ciò che riguarda le donne   di Giorgia D’Errico, segretaria nazionale della Filt Cgil    “Ti amo ma non ti voglio bene” è l’iniziativa che la Filt Cgil ha scelto di organizzare per ricordare il 25 novembre, la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il concetto sul quale vogliamo concentrarci è ben espresso nel titolo, preso in prestito da un verso di Catullo, al quale facciamo riferimento per esprimere un concetto diffuso di come spesso l’amore venga interpretato come possesso e a seguire si possa trasformare in violenza, nelle sue più svariate forme.     Obiettivo dell’iniziativa, nella quale oltre ai delegati e alle delegate, parteciperà Luciana Castellina con una Lectio Magistralis, è quello di vedere i problemi che riguardano i problemi delle donne provando a condividerli insieme agli uomini, a trovare un punto di condivisione.     Il Covid e tutto quello che si è portato dietro ci ha tenuto lontani, fisicamente e non solo. Ha tenuto lontane tutte le manifestazioni di disagio e le situazioni di fragilità che spesso venivano intercettate dalla collettività. Ritrovarsi vuol dire anche tornare a scambiarsi delle idee, a condividere impressioni e storie. A trovare soluzioni condivise. La violenza e l’aggressività sono un problema di tutti e si manifestano nelle forme più diverse. La violenza sulle donne è un problema che ricade sulle donne ma non le riguarda unicamente.     Ricordare tutto questo in occasione del 25 novembre con Luciana Castellina, una donna che ha vissuto e che ha contribuito a costruire la storia delle donne in questo Paese, rappresenta un momento di crescita culturale e di confronto. Crediamo fortemente che inserire nelle discussioni generali e tematici il tema delle donne, sia indispensabile. La nostra categoria sta provando ad andare in questa direzione, coinvolgendo il più possibile donne e uomini ed è per questo che abbiamo invitato a intervenire all’iniziativa sia le delegate sia i delegati.     Nel 2020 le segnalazioni di violenza sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019 e questi numeri evidenziano che non si tratta di un problema che riguarda esclusivamente le donne ma tutto il Paese. Per questo pensiamo che attraverso la cultura, la condivisione, la solidarietà, lo scambio di informazione e l’esserci possa essere d’aiuto tanto per le donne quanto per gli uomini.   LAVORO E DIRITTI a cura di www.collettiva.it        
EDITORIALE   NILDE IOTTI Il tempo delle donne   di Andrea Ermano   Da Roma ci scrive Roberto Giuliano: «Con tutto rispetto, certamente Nilde Iotti è stata una donna in gamba e che ha dovuto lottare anche dentro il suo partito per i diritti delle donne, ma con la storia del socialismo italiano non c’entra proprio nulla».     L’osservazione del compagno Roberto Giuliano si riferisce all’appuntamento in programma al Coopi di Zurigo il 5 dicembre prossimo (ore 11.00) con la proiezione del docu-film di Peter Marcias Nilde Iotti. Il tempo delle donne. Personalmente, non saprei dire se il compagno Roberto Giuliano abbia del tutto ragione ad escludere ogni collegamento tra Nilde Iotti e la storia socialismo italiano: tra gli studiosi su questo punto potrebbero sussistere opinioni dissimili. Di certo, la Presidente Iotti ha rivestito una notevole importanza nella storia delle donne nella Repubblica nata dalla Resistenza, e su ciò anche Giuliano concorda.     La Presidente della Camera Nilde Iotti  a braccetto con Sandro Pertini (ANSA)   Dopodiché, la nostra intenzione è chiaramente manifestata nell’invito all’appuntamento del 5 dicembre: «Con questa come pure con altre iniziative precedenti s’è inteso, da parte socialista-demo­cratica, rendere un omaggio sincero e non fazioso alla cultura politica del PCI in rapporto alla quale ricorreva quest’anno il centenario dalla Scissione di Livorno e della quale la Presidente della Camera Nilde Iotti è stata una grande esponente non solo sul piano istituzionale».     Sì, perché questo noi lo vorremmo proprio rivendicare: nella funzione storica che il “Centro estero” del socialismo italiano riveste, noi riteniamo di avere non solo un diritto, ma “laicamente” addirittura un dovere alla riflessione pubblica sulle culture politiche, la nostra e le altrui, cercando per quanto possibile di evitare gli steccati ideologici, inclusi gli auto-condizionamenti derivanti dall’appartenere (con convinzione) a un certo orizzonte d’idee, ispirato al binomio “Giustizia e Libertà”.     Dopodiché, siamo grati per la sua sollecitazione critica anche a Giuliano che è per altro uno storico esponente socialista nel sindacato (già segretario generale della CGIL Lazio) e che di recente ha pubblicato insieme a Nicola Scalzini il libro Le fake news su Bettino Craxi (Solfanelli, Chieti, 2021). Ed è ovvio che occorrerà riflettere anche sull’anti-comunismo d’ispirazione craxiana e post-craxiana, “radicalizzatosi” dopo la distruzione giudiziaria del PSI e dell’intera Prima Repubblica.      Ma quest’ultimo leitmotiv, da noi articolato a sinistra e non nel centro-destra, rappresenta, da ormai quasi trent’anni, un impegno permanente dell’ADL: non ci dimentichiamo mai di ricordare che, essendo soci fondatori della Repubblica Italiana, la destabilizzazione della medesima, avvenuta nei primi anni Novanta, non ci garbava allora e il tempo trascorso ha aggiunto ragioni di contrarietà.   Giornata delle porte aperte al Coo­pi di Zurigo Domenica 5/12/2021 a partire dalle ore 11.00    Prenotazioni allo +41 44 241 44 75 Misure anti-COVID: green pass e mascherina obbligatori.            
SPIGOLATURE   UN GESTO DI RESPONSABILITÀ   di Renzo Balmelli   CALDERONE. Nel dialetto lombardo è presente l’espressione “l’è on taia e medega” (cioé uno che prima ferisce e poi medica) che in felice sintesi restituisce l’immagine dell’ambiguità umana. Di questi tempi la frase si presta molto bene a descrivere i confusi stati d’animo legati alla pandemia, diventata ormai un calderone nel quale tanti, troppi, sguazzano appellandosi alla libertà che in questo caso però c’entra come i cavoli a merenda. Si fa infatti molta fatica a comprendere le ragioni dei No-vax e dei No-pass che si atteggiano a neo profeti ed esperti della delicata materia senza averne nessuna competenza. La lotta al Covid è una faccenda seria che non ha bisogno di slogan, bensì di studi e ricerche che soltanto la scienza può affrontare dall’alto dell’esperienza clinica. Diffondere paure antiscientifiche, a maggior ragione ora in seguito all’inquietante impennata dei contagi, significa giocare pericolosamente con la salute degli altri. Per questo vaccinarsi è un gesto di responsabilità.   CONTI. Mai dimenticare di ricordarsi. Detto così può sembrare un ossimoro venduto un tanto al chilo. A pensarci bene, invece, a suo modo l’invito a tenere viva la memoria serve a scolpire nel tempo il ricordo di eventi che hanno segnato la storia con un carico pesante di brutalità e dolore. E che appunto non vanno dimenticati. Oggi, a un secolo esatto di distanza, non si tratta perciò di celebrare la nascita del Partito nazionale fascista (il Pnf) avvenuta nel novembre del 1921, ma di rammentare e sapere come comportarsi per evitare che la tragedia si ripeta. Da quel momento, dietro la cortina fumogena della “rispettabilità” istituzionale, il regime mussoliniano istaurerà la dittatura che durerà un ventennio con le conseguenze che tutti conoscono. E con la quale – ammoniscono gli studiosi – ancora non sono stati fatti tutti i conti. Da qui, appunto, mai dimenticare di ricordarsi.   DIRITTI. In Italia la mancata qualificazione diretta ai mondiali di calcio del Qatar è stata vissuta come una sorta di lutto nazionale del tutto inatteso dopo il trionfo degli azzurri ai recenti campionati europei. Con ogni probabilità la squadra ce la farà a uscire indenne dalla lotteria delle eliminatorie, una volta superato il naturale e umanissimo periodo di rilassamento. C’è però da chiedersi (e la domanda non si può eludere) con quale stato d’animo i giocatori delle varie nazionali scenderanno in campo, ben sapendo in quali inaccettabili condizioni si è mossa la macchina di questi mondiali, in programma tra novembre e dicembre dell’anno prossimo. Sul tappeto restano ancora numerosi problemi da risolvere, da quello del rispetto dei diritti umani, ai metodi e allo sfruttamento dei migranti nella costruzione degli stadi. Con un po’ di enfasi retorica si usa dire che il calcio è metafora maestra di vita. Il massimo campionato della FIFA ci appare perciò un’occasione unica e imperdibile per dimostrarlo.     © Amnesty International   REGOLE. Tocca il cuore e le corde giuste l’appello della ministra Marta Cartabia quando esorta a non spegnere le luci su Kabul. Nell’evocare la memoria di Maria Grazia Cutuli, la giornalista del Corriere uccisa in Afghanistan, la titolare della Giustizia riporta in prima pagina la drammatica, quotidiana realtà di una catastrofe collettiva che a volte dà l’impressione di trascinarsi nell’indifferenza e senza speranze. Ormai la legge dei nuovi padroni, ben lontana dalle iniziali promesse fatte dai talebani, impone al Paese regole ferree di comportamento in particolare verso le donne. La lotta per la verità, tuttavia, non si ferma e nessun regime è in grado di imporre il bavaglio a una intera nazione. Dalle maglie della censura trapelano episodi incredibili come il destino delle bambine di Kabul che si travestono da maschi per poter lavorare e svolgere qualsiasi altro ruolo riservato agli uomini. Sono le piccole eroine di un dramma umanitario e geo politico di cui tanti portano enormi responsabilità. Non lasciamole cadere nell’oscurità, queste coraggiose combattenti, ma teniamo accese le luci affinché non si diffonda la menzogna.   CONTESSA. Con Paolo Pietrangeli, 76 anni, scompare non solo un grande interprete della canzone d’autore, ma anche un pezzo di quell’Italia attraversata dai fermenti del ’68 che avrebbero acceso la miccia della contestazione. Sempre a sinistra, la voce di Pietrangeli, figlio del regista Antonio, è stata testimone autentica, bellissima, di un periodo che lo ha visto emergere non solo nella musica, ma anche nella regia cinematografica e televisiva. Nella sua carriera diresse il film Porci con le ali, e di lui si continuerà ad amare la sua canzone più famosa Contessa; diventò l’inno di tante manifestazioni di quell’epoca contrassegnate da uno straordinario impegno politico, racchiuso in una frase esemplare come questa: «Ma se questo è il prezzo, lo abbiamo pagato / nessuno più al mondo dev’essere sfruttato». Un testo che risuona ancora oggi con immutato vigore e che l’autore avrebbe potuto comporre anche ora tanto è attuale.    
La Rivoluzione Democratica   POLITICA   UNA LUNGA PARTITA   Che le acque si agitassero era da mettere in conto. Siamo in vista della scadenza legata al rinnovo della Presidenza della Repubblica, seguita dopo non molto tempo – sempre che le cose non prendano una deriva diversa – dalle elezioni politiche…   di Paolo Bagnoli   Oramai appare sempre più difficile controllare la tenuta della maggioranza che tale è, ma per stato di necessità emblematizzato dalla presidenza Draghi, che non per intenzione politica, se non di facciata. È un quadro nel quale può succedere di tutto. È, infatti, chiaro che l’indisponibilità, più volte riconfermata, di Sergio Mattarella di restare al Quirinale almeno per un altro anno, in modo tale che sia lui che Draghi vadano a scadenza nello stesso momento, apre una faglia nel sistema.     Ora, se è formalmente ineccepibile che il Capo dello Stato non voglia, seppur per pochi mesi, restare al Quirinale, è anche vero che, al di là dei bizantinismi che talora la giurisprudenza costituzionale elabora, lo sfilarsi di uno dei due pilastri su cui si regge attualmente il sistema italiano, apre a tutti gli scenari. Ogni questione è buona per qualcuno per scagliarsi contro qualche altro e se Mario Draghi riesce, come vi è riuscito fino a questo momento, a tenere le briglia del governo, non può essere lui a reggere contestualmente quelle del confronto politico-parlamentare.     Non solo, ma il distacco che si registra tra governo e Parlamento – vedi la questione Rai e il voto di Italia Viva con le destre che al Senato ha messo sotto l’esecutivo e all’angolo Pd e 5 Stelle – sono solo i significativi segnali che ci dicono come lo sfilacciamento sia già in atto. E poiché la situazione è caotica diviene difficile tentare di argomentare un ragionamento che cerchi di capire la ratio del presente.     Di dati certi ve ne sono pochi.     Uno riguarda il braccio di ferro tra Letta e Renzi. Si è oramai capito fin troppo bene che quest’ultimo non permetterà al segretario del Pd di svolgere il ruolo di riferimento primario per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.     Un altro dato riguarda una destra senza né capo né coda in balia a tre vuoti politici pari, cioè, a quante sono le sue componenti con l’aggravante che vola libero il vento sovranista di Salvini.     Berlusconi, di par suo, pateticamente, vuole apparire ciò che non è. Resta a capo (sempre formalmente ossequiato) di una forza già però superata dai suoi parlamentari che, infatti, appaiono sempre più attratti dal similmacronismo italico che vuole rappresentare Renzi.     Infine, abbiamo una destra all’opposizione e in calo di consensi e un Pd che ritiene di poter svolgere un ruolo generale per il quale non possiede né forza né autorevolezza politica.     Va da sé che le forze che sorreggono il governo non possono permettersi di metterlo in crisi, ma i passaggi in aula della legge di bilancio si prevedono travagliati in quanto preziosamente funzionali ad altro che non allo specifico di merito.     Insomma, crediamo che entreremo in una lunga partita giocata senza arbitro poiché la politica, invece di esserne la ragione, ne appare solo lo spettro.     Comunque vada a finire e pure al di là delle singole persone che, in maniera diretta o indiretta, ne saranno i protagonisti, è chiaro che la Repubblica non ne uscirà rafforzata e la politica democratica da ricostruire per uscire da una crisi oramai trentennale suona alla stregua di uno slogan.     E piano piano, ma non tanto, ci sembra si stia alzando il sipario su una scena che non è una rappresentazione fedele di quanto si muove dietro le quinte.   https://www.rivoluzionedemocratica.it/  
Nuova rubrica da >>> TERZO GIORNALE *) https://www.terzogiornale.it/   Immigrazione, tradimento europeo e americano dei diritti umani   Gli ultimi accadimenti al confine tra Polonia e Bielorussia ripropongono prepotentemente la domanda: cosa fa sì che gli occidentali non rispettino la convenzione delle Nazioni Unite sui migranti?   di Stefano Rizzo   Adesso che l’ultima, in ordine di tempo, crisi migratoria tra Polonia e Bielorussia è in via di esaurimento – con “solo” poche centinaia di migranti e richiedenti asilo accampati al freddo nelle foreste al confine con la Polonia, alcune centinaia di iracheni deportati nel loro Paese d’origine e altre migliaia internati in campi di concentramento in Bielorussia –, adesso è il caso di fare alcune considerazioni generali sul “fenomeno” migratorio.     La prima è che c’è una non sorprendente unità di comportamenti dei Paesi ricchi del mondo – dall’Australia al Giappone, all’Arabia saudita, agli Stati Uniti, all’Europa – nei confronti dell’immigrazione da quelli poveri. Tutti i Paesi ricchi, e molti dei poveri, hanno firmato la convenzione delle Nazioni Unite per la protezione dei migranti e richiedenti asilo e i loro leader politici (non tutti, naturalmente, ma i migliori sì), prima di essere eletti, fanno sull’argomento dichiarazioni di alto valore morale, cui spesso poi non corrispondono concrete scelte politiche.     Gli australiani, protetti dagli oceani che li circondano, internano i pochi filippini, vietnamiti e indonesiani che riescono ad arrivare sulle loro coste negli isolotti dove un tempo gli inglesi deportavano i criminali e le prostitute: e lì li tengono anche per anni in un limbo giuridico. I giapponesi non ammettono neppure un migrante, e così Taiwan (in Cina sembra che nessuno voglia andare). I Paesi della penisola arabica trattano di fatto come schiavi i migranti asiatici di cui hanno bisogno per costruire i loro grattaceli, li alloggiano in campi profughi lontani dalle città e, quando hanno finito, li rispediscono nel luogo d’origine. Gli Stati Uniti – Paese di immigrati, si diceva un tempo e si proclama tuttora – hanno invece una secolare tradizione di discriminazione nei confronti di irlandesi, italiani, greci, ebrei, est-europei, cinesi, giapponesi e, naturalmente, africani (ma quelli erano schiavi deportati, non migranti volontari). Oggi si limitano a respingerli al confine meridionale prendendoli a frustate e rispedendo nei Paesi d’origine i pochi che riescono a passare. Gli europei, che così spesso si vantano dei loro valori umanitari, si limitano per lo più a lasciarli affogare nel Mediterraneo (1300 morti nel 2021, fino a oggi) o, com’è avvenuto nelle scorse settimane, morire di freddo nelle foreste.     Non che le cose andassero meglio in passato: i gruppi umani hanno sempre osteggiato, spesso in maniera violenta, l’arrivo sul loro territorio di altri gruppi umani diversi da loro sotto qualche rispetto (lingua, religione, etnia, colore della pelle). Pogrom, stermini, deportazioni di massa, sono stati la regola nei confronti dei migranti, molto più spesso dell’assimilazione che, quando c’è stata, è avvenuta nel corso di generazioni. La differenza con l’oggi sta nello stridente contrasto tra i valori proclamati e sottoscritti dagli Stati nelle convenzioni internazionali e i loro concreti comportamenti.     La ragione è semplice: volta a volta, quando un leader politico ha cercato di seguire principi più umani, allargando le maglie delle recinzioni o praticando qualche breccia nei muri che materialmente o metaforicamente circondano il suo Paese, dopo poco si è trovato a fronteggiare la protesta popolare, più o meno spontanea, più o meno aizzata dai suoi oppositori. Così i leader europei hanno imparato la lezione e, nella speranza di conservare il potere, hanno fatto marcia indietro rispetto ai propositi conclamati.     Così Angela Merkel, dopo avere accolto nel 2015 un milione di profughi siriani, si è trovata di fronte a un’impennata di consensi a favore del partito di estrema destra, sovranista e xenofobo, e ha assunto una posizione più rigida nei confronti dei migranti. Così in Italia, dopo la sanatoria che nel 2002 regolarizzò oltre 600mila migranti, è cresciuto il consenso nei confronti del principale partito xenofobo (peraltro al governo allora come ora), il cui leader Bossi ebbe a dichiarare che bisognava sparare sui barconi dei migranti che disperatamente cercavano di attraversare il Mediterraneo. Ma non è solo la destra. Anche la sinistra (o centrosinistra) al potere, seppure adottando comportamenti meno disumani, ha dovuto (o ritenuto di) moderare l’affermazione dei principi con un “prudente” realismo: per esempio accantonando per anni (e tuttora) il riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli dei migranti nati in Italia.     L’elenco di questi continui compromessi tra valori (e obblighi internazionali) e opportunità politica sarebbe lungo e riguarderebbe tutti i Paesi democratici ricchi e benestanti (degli altri non parliamo). Ma due esempi vanno ancora fatti, perché particolarmente stridenti: Stati Uniti e Unione europea.     Gli Stati Uniti – abbiamo detto – hanno una lunga storia di discriminazione nei confronti dei propri immigrati europei e asiatici. Oggi, e da almeno vent’anni, è aumentata la pressione migratoria al confine con il Messico: si tratta spesso di migranti economici che ricercano migliori condizioni di vita, ma vi sono anche persone che fuggono dalla violenza politica e criminale. Fin dall’amministrazione Bush (2001-2009), si annuncia la necessità di una riforma generale dell’immigrazione, che tuttavia non è mai stata realizzata per l’opposizione di uno o dell’altro dei due principali partiti. Con la presidenza Trump, c’era stato un ulteriore inasprimento nei confronti dei richiedenti asilo, con aspetti particolarmente crudeli (separazione dei bambini posti in orfanatrofi, mentre i genitori venivano deportati).     Anche Joe Biden, appena eletto, aveva annunciato una riforma generale del sistema e comportamenti più umani al confine. Dopo nove mesi la riforma non è neppure avviata e i comportamenti, con qualche modesto correttivo, sono rimasti quelli di prima. La ragione? Quella già detta: Biden ha altro da fare, deve realizzare il proprio programma economico, senza il quale la sconfitta alle prossime elezioni di midterm è assicurata. Quindi non è “opportuno” aprire ora un altro fronte nello scontro politico con i repubblicani. In futuro si vedrà. I migranti intanto aspettino.     Anche in Europa, da un ventennio, si proclama l’esigenza di una politica comune europea nei confronti dell’immigrazione. Ma, nonostante un numero infinito di vertici, la creazione di Frontex (per assistere i profughi in pericolo di vita, ma in realtà per arginarne l’afflusso) e qualche accordo bilaterale parziale, la situazione è rimasta immutata. Dublino, cioè l’accordo che prevede che i migranti restino nel Paese di primo arrivo (penalizzando sul fronte meridionale Italia, Malta, Grecia e Spagna), rimane in piedi, anche se di continuo si afferma che deve essere “superato”. La ragione è sempre la stessa: un gran numero di Stati dell’Unione non vuole saperne di accogliere i migranti perché o sono governati dalla destra più o meno xenofoba, o temono contraccolpi nell’opinione pubblica. Molto meglio che se ne occupino altri (leggi: la Turchia), pagandoli, senza stare a guardare come li trattano. (continua sul sito)   *) Terzo Giornale – La Fondazione per la critica sociale e un gruppo di amici giornalisti hanno aperto questo sito con aggiornamenti quotidiani (dal lunedì al venerdì) per fornire non un “primo” giornale su cui leggere le notizie, non un “secondo”, come si usa definire un organo di commenti e approfondimenti, ma un giornale “terzo” che intende offrire un orientamento improntato a una rigorosa selezione dei temi e degli argomenti, già “tagliata” in partenza nel senso di un socialismo ecologista. >>> vai al sito        
Da Avanti! online www.avantionline.it/   SUPER GREEN PASS   Al salire dei contagi non si può non rispondere con un ulteriore aumento dell’attenzione. Si muove in questa in questa direzione il super green pass allo studio del Governo. Come da previsioni il governo ha varato oggi una serie di norme restrittive dando il vila libera al decreto che rafforza le misure anti Covid con il Super Green pass. Il provvedimento è stato varato all’unanimità. Via libera soprattutto alla stretta sui no vax, con il super green pass, solo per vaccinati, per accedere alle attività ludiche e ricreative. L’obbligo vaccinale sarà esteso, oltre al comparto sanitario e alle Rsa, alla sicurezza, difesa e personale della scuola. Il voto favorevole è giunto nel corso del Consiglio dei ministri svolto nel pomeriggio, il provvedimento aveva già ottenuto il parere favorevole della Cabina di regia svolta in mattinata. La stretta Green pass valido 9 mesi, e dal 15 dicembre obbligo di vaccinazione il comparto istruzione, difesa e sicurezza. Queste alcune delle misure al vaglio del Cdm, decise in cabina di regia. Il super green pass varrà anche in zona bianca, ma non per i luoghi di lavoro. Intanto il limite temporale del green pass è ridotto a 9 mesi. La terza dose di vaccino sarà possibile dopo 5 mesi dalla precedente somministrazione. Dal 15 dicembre si prevede l’obbligo di terza dose per personale sanitario e Rsa. La cabina di regia inoltre ha deciso l’aumento e il rafforzamento dei controlli da parte delle forze di polizia. Il green pass sarà richiesto anche sui treni regionali e interregionali. Rimane il green pass 3G per treni a lunga percorrenza. Il green pass “base” sarà obbligatorio dal 6 dicembre anche per: alberghi, spogliatoi per l’attività sportiva, trasporto ferroviario regionale e trasporto pubblico locale.        
L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori (ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana  
Dalla Fondazione Rosselli di Firenze http://www.rosselli.org/   La mia Europa di domani   Bando di Concorso    Al fine di contribuire alla Conferenza sul futuro dell’Europa, il Centro Universitario Interdipartimentale di Ricerca on European Affairs (CREAF), in collaborazione con Agenda Geopolitica della Fondazione Ducci e Movimento Europeo in Italia, bandisce un concorso rivolto agli studenti universitari degli atenei italiani. Lo scopo è stimolare proposte, idee e contenuti da sottoporre alla Conferenza ed ai panel transnazionali di cittadini, sia attraverso la piattaforma digitale multilingue futureu.europa.eu che nel quadro di iniziative sul territorio nazionale.     L’obiettivo del concorso è stimolare nelle nuove generazioni una maggiore consapevolezza riguardo al destino comune che ci lega come cittadini europei, anche attraverso un processo di sviluppo di un nuovo modello di Unione, da plasmare attraverso una partecipazione più attiva dei suoi cittadini, capace di affrontare le disuguaglianze al suo interno mediante politiche eque, sostenibili, innovative e competitive, fondate sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.     La partecipazione al concorso è gratuita ed è riservata a studenti che, alla data di presentazione della domanda, siano cittadini di uno degli stati membri e siano iscritti presso un’università con sede nel territorio delle Repubblica Italiana.     Il partecipante dovrà compilare la domanda di partecipazione al concorso (allegata all’interno del bando) e farla pervenire, unitamente al documento elaborato, in formato digitale, all’indirizzo mail segreteria@creaf.eu a partire dal 1° dicembre 2021 e non oltre il 31 gennaio 2022. (Vai al Bando di concorso)        
Dalla Fondazione Ernesto Balducci riceviamo e volentieri segnaliamo     Presentazione del volume   Don Lorenzo Milani. Biografia per immagini a cura di Andrea Cecconi e Stefano Zecchi (Edizioni Sef)   Lunedì 29 Novembre ore 17,30 – Sala del Basolato del Comune di Fiesole   Interverranno: Anna Ravoni, Sindaco di Fiesole Mons. Mario Meini, Vescovo di Fiesole Don Andrea Bigalli, Comitato Scientifico Fondazione Balducci Sandra Gesualdi, Fondazione Don Lorenzo Milani Modera: Mauro Bonciani, giornalista Corriere Fiorentino Saranno presenti i curatori del volume   Accesso con green pass        
LETTERA DA ZURIGO   Nardi: La scarsa partecipazione al voto degli italiani all’estero   Nel corso della mia militanza attiva nel sindacato, nel mondo associativo dell’emigrazione italiana, nonché l’impegno in vari organismi elettivi come il Comites, il Cgie ed il Consiglio dei Toscani all’estero ho più volte ribadito che l’ottenimento di organismi istituzionali di rappresentanza eletti democraticamente dagli italiani all’estero, come quelli citati e la conquista del voto all’estero per le elezioni politiche nazionali ed i referendum, sono arrivati troppo in ritardo. Infatti gli uni e gli altri erano stati da sempre gli obiettivi dei primi grandi flussi migratori italiani e, soprattutto, di quello che vi è stato dopo l’ultimo conflitto mondiale, con in testa proprio l’emigrazione stabilitasi in Svizzera molto più politicizzata rispetto ad altre comunità emigrate sparse per il mondo. Basti pensare che i Comites sono stati istituiti solo nel 1985, il Cgie nel 1989 e, infine il voto all’estero nel dicembre 2001. Ovvero quando nel mondo i cittadini italiani emigrati di prima generazione erano stati già abbondantemente superati numericamente dai loro discendenti, quantomeno in quei Paesi di più antica emigrazione. Discendenti che – pur con lontanissime radici italiane e ignorando non tanto la lingua di Dante ma, perfino, il dialetto delle loro origini – mantengono pure la cittadinanza italiana grazie allo jus sanguinis e quindi il diritto di voto. Cioè persone che si sono ricordate e si ricordano delle origini familiari per far valere la loro cittadinanza italiana, non per un impulso patriottico per la terra degli avi, bensì spinte legittimamente, ovviamente, dal desiderio (bisogno?) di spostarsi – per diletto o per lavoro – in altre nazioni con maggiore facilità grazie al possesso del passaporto italiano o, meglio ancora, dell’Unione Europea. Considerazioni, queste, più volte poste dal sottoscritto anche in seno ai lavori del Cgie (quando ancora ne ero membro) tanto che, ricordo, in occasione di una riunione in cui si discuteva del voto all’estero, venne avanzata l’idea di istituire per gli italiani all’estero due tipi di appartenenza all’Italia: la “nazionalità” per discendenti dal secondo grado in poi e la “cittadinanza” per gli emigrati ed i loro figli. Limitando solo ai titolari della cittadinanza certi diritti come, per esempio, proprio quello del voto, una idea che andrebbe ripresa e rilanciata ai legislatori.     Se quelle erano già, a quell’epoca, le preoccupazioni per il voto degli emigrati e questa sopradescritta è la fotografia della composizione degli attuali 6,2 milioni di iscritti negli schedari della rete consolare italiana e, in aggiunta, abbiamo oggi un tessuto associativo in emigrazione ridotto ai minimi termini che, in passato, è sempre stato la cinghia di trasmissione verso l’alto di ogni istanza degli italiani all’estero, ebbene come si fa – essenzialmente da parte degli addetti ai lavori – a addebitare a chicchessia (mancanza di informazione della rete consolare, l’iscrizione nel registro elettorale, i tempi ristretti, il Covid-19, ecc. ecc.) il bassissimo numero di elettori che si sono registrati manifestando la loro volontà di partecipare al voto il prossimo 3 dicembre per il rinnovo dei Comites? Quando poi, tra l’altro, a dimostrazione dello scarso interesse delle comunità italiane per questi organismi elettivi, abbiamo delle circoscrizioni consolari dove le comunità locali hanno fatto fatica perfino a presentare una sola lista di candidati? Non sarebbe invece arrivato il momento di guardare in faccia la realtà, la cruda realtà, e rendersi conto che magari – al di là degli addebiti di cui sopra che certamente possono aver influito – dei 6,2 milioni di cittadini italiani iscritti negli schedari consolari e, tanto più, dei 4,7 milioni di elettori solo una minimissima parte conosce ed è interessata ai Comites? Suvvia un po’ di realismo non guasterebbe certamente!     Tuttavia, a mio modesto parere, l’utilità dei Comites – pur avendo unicamente delle funzioni di consultazione e di collaborazione con le autorità consolari e locali e pur essendo eletti da una piccola percentuale dagli aventi diritto – è comunque innegabile e non è assolutamente da mettere in discussione poiché, con la crisi dell’associazionismo tradizionale, questi organismi sono e saranno sempre di più indispensabili per raccogliere e dar voce alle istanze delle comunità italiane. E, proprio per le loro limitate funzioni, ritengo saggio che questi organismi continuino ad essere eletti da persone interessate che si iscrivono in un registro degli elettori evitando, così, allo Stato di sperperare denaro inviando plichi elettorali a milioni di persone aventi, si, diritto al voto ma che, tuttavia, non sono assolutamente interessate a farlo valere. Il denaro così risparmiato potrà essere utilizzato – sempre a favore degli italiani all’estero – ma investiti in altri settori come, per esempio, nell’assistenza agli indigenti ed in iniziative culturali.     Ben altro discorso va fatto per il voto politico nella Circoscrizione estero, specialmente dopo la riduzione da 18 a 12 dei parlamentari da eleggere (otto deputati e quattro senatori) nelle prossime elezioni politiche del 2023, ma questo argomento verrà affrontato in una prossima rubrica.   Dino Nardi, Zurigo già Membro del Comitato di Presidenza del Consiglio Generale per gli Italiani all’Estero (CGIE).        
Errata   L’ADL del 18 novembre 2021 – Nella testata dell’ADL edito il 18 novembre 2021 abbiamo erroneamente inserito il mese di settembre; né l’intestazione risultava aggiornata, figurandovi ancora il giorno 11 anziché il 18. Siamo incorsi nei refusi predetti causa la fretta di predisporre la fase finale della trasmissione che richiede l’utilizzo di impostazioni tecniche predefinite.   Ce ne scusiamo con le nostre lettrici e i nostri lettori La red dell’ADL        
L’Avvenire dei lavoratori EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897   L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigra­zione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei mi­gran­ti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, diamo il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appar­tiene a tutti.  

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